Per fortuna anche la legge ha dato linee guida di buon senso Il 30% delle aree dei mercati dedicate al chilometro zero
La legge prevede infatti che i Comuni destinino almeno il 30% dell’area dei mercati alla vendita diretta dei prodotti a chilometro zero, il che ci auguriamo sia presto messo in atto dagli enti locali e inneschi un’economia locale troppo spesso trascurata a favore di grandi marchi e catene di distribuzione, spesso internazionali. Non è raro imbattersi in mercati che ormai sono tutto tranne che una vetrina delle produzioni tipiche, locali o di qualità.
Chilometro Zero… fino a 70 chilometri
La legge definisce cosa s’intende per chilometro zero e filiera corta. Nel primo caso si tratta di prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento provenienti da luoghi di produzione e di trasformazione della materia prima non superiore ai 70 chilometri di raggio dal luogo di vendita o comunque provenienti dalla stessa provincia del luogo di vendita. Questa ulteriore specifica è importante per una provincia come la nostra che ha una dimensione territoriale di oltre 2.700 kmq.
Inutile e addirittura dannoso sarebbe un limite esclusivo per province, dato che molti territori di confine non potrebbero inserire in quest’area riservata i produttori a pochi chilometri di distanza se collocati appena oltre il confine provinciale.
La definizione di filiera corta invece fa riferimento all’assenza d’intermediari commerciali tra il produttore e il consumatore, con la specifica che le cooperative e i consorzi non sono considerati intermediari. La legge prevede poi l’istituzione del logo nazionale “chilometro zero” e di quello “filiera corta” in modo tale che questi prodotti siano immediatamente riconoscibili dai cittadini che così possono compiere degli acquisti consapevoli.
“Un provvedimento importante e anche molto concreto – sottolinea la parlamentare bergamasca Leyla Ciagà - che si pone come obiettivo quello di favorire la vendita e il consumo di prodotti del territorio con tutte le loro peculiarità in termini di biodiversità, storia e qualità, valorizzandoli anche sotto il profilo economico. Spesso si tratta, inoltre, di prodotti che hanno un impatto ambientale più basso a causa della riduzione degli imballaggi e delle emissioni legate al trasporto”.
La legge avrà quindi conseguenza anche nel territorio bergamasco che tra l’altro è già ricco di esperienze di questo tipo che, anzi, dedicano molto più spazio ai prodotti locali, al km zero e alla filiera corta. In alcuni esempi, c’è pure un limite anche alla dimensione dei produttori, al fine di favorire uno sbocco di mercato a quelli più piccoli e a conduzione familiare, i quali spesso non hanno le stesse possibilità di competere con imprenditori di scala industriale. Noti sono i quattro "mercati agricoli e non solo" dell’associazione Mercato&Cittadinanza (Bergamo-Monterosso, Albino, Alzano Lombardo, Almenno S. Bartolomeo) con un disciplinare molto avanzato in questo senso. Ci sono inoltre il mercato del Parco dei Colli, con le produzioni caratteristiche dell’area, i Mercati della Terra a Bergamo e nella pianura bergamasca a Treviglio (la condotta Slow Food Bassa Bergamasca ora sta ampliando ulteriormente le proposte dei mercati locali a Calvenzano e a Brignano), il mercato Briologico a Ponte San Pietro e quello della Porta del Parco a Mozzo, gestito dalla Cooperativa Alchimia.