Dalla Danimarca all'Italia, da Londra all'Australia, viaggio tra i ponti e le infrastrutture che guardano al futuro, tra riqualificazione urbana e risparmio energetico
Un'edilizia che parli sia all'ambiente che all'estetica, capace di rispondere tanto ai bisogni logistici quanto a quelli ecologici e di offrire al tempo stesso prospettive integrate tra natura e costruzione, tra società e urbanistica. Un trend, questo, che cresce e si prende spazio in un periodo che vede il ritorno alla ribalta delle cronache la necessità di opere pubbliche votate al futuro e, soprattutto, sicure: dopo il tragico crollo del Ponte Morandi di Genova, infatti, la consapevolezza dell'importanza di un'edilizia responsabile – verso i cittadini e verso l'ambiente – è rapidamente cresciuta.
Ecco allora che vale la pena volgere lo sguardo verso quelle buone prassi che, nel mondo, parlano di un'architettura nuova e all'avanguardia, prendendo come esempio la costruzione che più di tutte simboleggia l'incontro e il superamento dei limiti: il ponte, appunto, fin dall'antichità massima espressione di ciò che unisce e collega, e come tale perfetta metafora di un costruire votato al futuro. Un futuro sostenibile, però, e possibilmente con finalità sociale.
Quando i ponti riqualificano i quartieri
Chi pensa che la riqualificazione dei quartieri attraverso ponti d'avanguardia sia un'utopia dovrebbe buttare un occhio a Copenaghen. La capitale danese, infatti, è perfetta testimonial dei progetti che portano le città a crescere e migliorarsi: considerata tra le città più green d'Europa grazie anche a un'attenzione a tutto tondo sui temi di mobilità sostenibile e riqualificazione urbana diffusa, è riuscita a trasformare aree degradate in veri e propri gioielli di rinascita grazie a progetti ad ampio raggio.
Un esempio su tutti è lo Cykelslangen (o “Snake”), ponte ciclabile di 220 metri che collega le isole di Sjælland e di Amager, nella zona del porto antico, con il resto della città. Il progetto - la cui messa in pratica ha richiesto ben otto anni – è stato firmato dallo studio di architettura Dissing+Weitling e realizzato dal Ramboll Group e ha trasformato uno dei quartieri più malfamati di Copenaghen in una zona vivibile e molto cool. Il nomignolo “Snake” mette in evidenza la caratteristica principale del ponte: la sua sinuosità, che permette di allungare il tracciato e ridurne la pendenza e di conseguenza la velocità di percorrenza.
Una prospettiva, quella di inserire la costruzione di ponti all'interno di progetti urbani più ampi, che ha trovato spazio anche in Italia, precisamente a Cosenza (Calabria), che ospita il ponte “strallato” più alto in Europa a firma dall'archistar catalana Santiago Calatrava. Un ponte strallato è un ponte di tipo “sospeso” nel quale l’impalcato è retto da una serie di cavi (stralli) ancorati a piloni o torri di sostegno. La struttura non porta solo la firma di uno dei più influenti architetti a livello mondiale, ma unisce anche – fisicamente e simbolicamente – due sponde della città e due quartieri, fino a poco tempo fa separati dal fiume Crati: inaugurato lo scorso gennaio, il ponte si inserisce in un progetto ben più ampio che parla di riqualificazione urbana e lotta al degrado. La struttura diventa così non solo un monumento architettonico di sicuro impatto – il pilone in acciaio che sostiene la struttura di cavi d'acciaio per la strada è alto più di 100 metri – ma un vero e proprio “ponte sociale”, strumento per rispondere alle esigenze urbane a 360 gradi e promuovere sviluppo, crescita e rilancio cittadino.
Ponti tra l'uomo e l'ambiente
Diverso per finalità - ma non per valore d'avanguardia - è invece il Blackfriars Bridge, nel cuore di Londra, che grazie all'innovazione in chiave sostenibile è diventato una delle nuove icone nel panorama delle energie rinnovabili. In che modo? Rinnovandosi sul piano architettonico per incontrare le nuove esigenze di tutela dell'ambiente: ad oggi il Ponte “dei Frati Neri” è il ponte fotovoltaico più grande del mondo, grazie alla copertura di 4.400 pannelli fotovoltaici lungo tutta la lunghezza della struttura (pari a un totale di 6.000 mq). Il ponte – costruito nel XIX secolo e inaugurato nella sua nuova veste nel 2014 dopo oltre quattro anni di lavori – era uno dei simboli della Londra vittoriana ed è diventato uno dei simboli della City del domani, visto che sfrutta l'energia solare e la tecnologia fotovoltaica per alimentare la sottostante e omonima stazione ferroviaria, la Blackfriars Railway Station, permettendole al contempo di “tagliare” più di 500 tonnellate di emissioni annue di anidride carbonica.
Se si guarda ai ponti a energia solare, come non citare poi il Kurilpa Bridge di Brisbane, in Australia? Anche in questo caso si tratta di un record, perché la struttura – dal nome aborigeno che indica l'area in cui il ponte sorge, e che significa letteralmente “luogo dei topi d'acqua” – è il ponte ciclopedonale a energia fotovoltaica più lungo del mondo. Firmato dalla Cox Rayner Architects, il Kurilpa Bridge è stato premiato come migliore infrastruttura di trasporto del mondo al World Architecture Festival del 2011. Struttura leggera, effetti di tensione e compressione grazie a cavi in calcestruzzo e acciaio e pannelli solari integrati sono le caratteristiche principali di un ponte che è anche in primo luogo una scenografica opera d'arte, estremamente distinguibile nel panorama urbano e al contempo pratica e funzionale. Non soltanto, infatti, il ponte è in grado di sostenere il peso e il passaggio delle circa 37mila persone che lo attraversano settimanalmente a piedi o sulle due ruote, ma rappresenta anche una fonte di energia fotovoltaica per tutto il distretto in cui è collocato: l'energia prodotta è più alta rispetto al fabbisogno energetico del ponte stesso e il surplus viene quindi immesso nella rete elettrica cittadina, potenziandola. Per fortuna gli esempi in Europa e nel mondo si stanno moltiplicando, segnale del fatto che il vero ponte che può portare l’edilizia verso il futuro passa attraverso la combinazione ormai necessaria tra innovazione, sicurezza e sostenibilità, ambientale e sociale.
Erica Balduzzi