L’estetica del comunicare emozioni
La Belladonna è il nome volgare di una pianta dalla quale si può ricavare una sostanza chiamata atropina che le donne del periodo rinascimentale utilizzavano per dilatare la pupilla donando allo sguardo un carattere più seducente. Queste forme rudimentali di cosmesi avevano lo scopo di rendere più accattivante il volto femminile all’occhio dell’uomo. Le pupille dilatate, le sopracciglia alte, il sorriso ampio sono caratteristiche legate all’espressività, che solitamente segnalano disponibilità verso il prossimo, attenzione, interesse e comunicatività.
In molti esperimenti è stato dimostrato come queste caratteristiche possano essere considerate aspetti chiave della bellezza la quale perciò non si può spiegare solo attraverso parametri antropometrici, come la simmetria del volto, ma anche in ciò che esso comunica. L’estetica infatti, come insegna l’arte, non è meramente legata all’equilibrio delle proporzioni ma anche alla trasmissione di un messaggio, di un’emozione, di una sensazione. Pensiamo al sublime romantico o alla forza comunicativa di un quadro come quello realizzato dal maestro Picasso, la Guernica, il quale non è bello nel senso classico della parola, ma è sicuramente un’opera d’arte affascinante e di altissimo valore espressivo.
Nel mondo moderno l’arte esprime il bisogno irrefrenabile dell’uomo di comunicare, e questa necessità cresce all’aumentare dello svilimento delle relazioni, del narcisismo che si ingrandisce a dismisura. Per la donna farsi bella è sempre stata un’arte, ma come testimoniano la corsa alla chirurgia estetica, il ricorso massivo a status symbol e la percezione abnorme di difetti nel proprio corpo, appare evidente che il considerare la bellezza uno stato d’animo, un aspetto interno, psicologico e comunicativo è passato largamente in secondo piano in favore di qualcosa di più concreto, stabile e tangibile, almeno all’apparenza. Essere bella o farsi bella dunque?
Nicola Mannara