In un momento di grande difficoltà sanitaria mondiale, perché non interrogarsi sulle correlazione tra alimentazione e ambiente?
"Cowspiracy - Il segreto della sostenibilità" il documentario sull'industria animale
Prodotto da Leonardo di Caprio nel 2014, “Cowspiracy – Il segreto della sostenibilità” è ormai considerato un cult del suo genere. Il documentario è tra i primi a indagare l'impatto ambientale della zootecnica, seguendo il percorso di maturazione come ambientalista del co-regista Kip Andersen. La volontà di ridurre il più possibile l'impatto del proprio stile di vita sul pianeta lo porta infatti a scoprire una verità fino ad allora celata: l'allevamento di bestiame è tra le cause principali dell'inquinamento del pianeta e dello spreco di risorse, persino più dell'intera industria dei trasporti.
Per quanto le sue azioni quotidiane siano virtuose, Andersen comincia a chiedersi quanto possano essere utili se per produrre solo mezzo chilo di carne si impiegano fino a 10000 litri di acqua.
La cosa più sconvolgente è che alcune tra le associazioni ambientaliste americane, pur promuovendo stili di vita sostenibili e criminalizzando l'impiego di combustibili fossili, tengono misteriosamente sotto silenzio i dati allarmanti che riguardano la zootecnica.
Cercando di scoprire perché nessuna delle loro campagne parli di ridurre il consumo di carne e dei suoi derivati, Andersen scopre così che molte di queste associazioni ricevono finanziamenti proprio dalle maggiori multinazionali alimentari d'America.
Come suggeriscono titolo e sottotitolo, il documentario è una miniera di spunti per gli appassionati di teorie del complotto. L'imbarazzato silenzio dei rappresentanti delle organizzazioni ambientaliste di fronte alle incalzanti domande di Andersen non fa che alimentare il sospetto di un'enorme cospirazione.
Comunque stiano le cose, i dati diffusi dalla FAO e dalla NASA parlano chiaro: la soluzione più efficace e urgente per ridurre il nostro impatto sull'ambiente è ridurre drasticamente il nostro consumo di carne e derivati, se non addirittura eliminarlo – come suggerisce Cowspiracy –, adottando un regime di vita vegetariano o vegano. Finanziato collettivamente dal crowdfundind su Indiegogo, il film ha ottenuto il 217% dell'obiettivo; sottotitolato in più di dieci lingue, oggi è diffuso in tutto il mondo.
"What the health" la guerra vegana e le sue contraddizioni
Scritto, prodotto e diretto nel 2017 dallo stesso team di “Cowspiracy”, “What the health” può esserne considerato il sequel. Pubblicizzato come “il film sulla salute che le organizzazioni sanitarie non vogliono vedere”, il documentario segue la linea tracciata da Cowspiracy, indagando sull'impatto del consumo di carne e latticini sulla salute dell'uomo. Questa volta Andersen intervista principalmente medici e nutrizionisti, con lo scopo di mettere in discussione le pratiche delle principali organizzazioni sanitarie e farmaceutiche, sostenendo la necessità di adottare una dieta a base vegetale.
Il film, considerato manifesto della “guerra vegana”, fa emergere in chiave apocalittica un problema molto attuale, soprattutto in America: mangiare uova, formaggi, carne rossa e carne lavorata aumenta il rischio di diabete, cancro e malattie cardiovascolari. Se una correlazione senz'altro può esistere, è anche vero che il documentario tende all'esasperazione, prendendo una posizione faziosa ed estremista.
Non poche, infatti, sono le critiche che “What the health” ha ricevuto dal mondo scientifico, in cui la maggior parte delle voci concordano nel sostenere che la dieta mediterranea rimane la più equilibrata tra i regimi alimentari possibili.
Nonostante l'approccio esclusivamente filovegano, il film di Andersen diventa interessante soprattutto per i collegamenti che emergono tra le grandi multinazionali del food e le principali istituzioni sanitarie, che – come veniva sottolineato già in “Cowspiracy” per le associazioni ambientaliste – ricevono sponsorizzazioni proprio dai colossi mondiali della carne. Anche in questo caso le risposte poco esaurienti degli intervistati a tal proposito lasciano pensare che effettivamente siano interessi economici ben più grandi di noi a dettare il nostro modo di mangiare, ma da qui a sostenere che l'unica soluzione possibile sia il veganesimo ne passa di acqua sotto ai ponti.
In “What the health” viene data voce a una sola campana e il campione di riferimento rimangono i consumatori americani, che – non dimentichiamolo – fanno colazione con uova e bacon. Senz'altro la dieta vegana è una dieta possibile, e – perché no – auspicabile, ma demonizzare la carne come male supremo per la nostra salute non sembra essere la strada da prendere.
Laura Spataro