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Donizetti. In scena una doppia rinascita

Donizetti. In scena una doppia rinascita

Nel cantiere del teatro cittadino l’opera che si considerava perduta  e che una giovane musicologa ha riportato alla luce

Due rinascite, una musicale e una edilizia. Due cantieri, uno fatto di partiture e l’altro di impalcature. Due serate memorabili (tenutesi il 16 e il 21 novembre) e un unico grande spettacolo che ha emozionato e richiamato appassionati non solo dalla città, ma da tutto il mondo. Così, in un Donizetti ancora in restauro, è andata in scena «L’ange de Nisida», opera in quattro atti con le musiche del compositore bergamasco che, per la prima volta e a distanza di quasi 200 anni dalla sua creazione, si è presentata al pubblico.

La partitura dell’opera, che si credeva perduta dopo il mancato debutto al parigino Théâtre de la Renaissance, è stata recuperata e ricostruita. Una giovane musicologa, Candida Mantica, ha lavorato per otto anni sui fogli manoscritti, conservati alla Bibliothèque Nationale de France di Parigi e sparpagliati in diciotto contenitori, fino a identificare circa 470 pagine manoscritte di Donizetti, grazie anche alla copia di una bozza del libretto conservata a Bergamo.

Una messa in scena essenziale, delicata, con i costumi ritagliati come merletti, i fogli sparsi intorno a uno spazio d’acqua immaginario, i protagonisti in una platea ancora sgombra e il pubblico intorno, seduto nei palchi e nella tribuna in palcoscenico. Rapito, ammaliato dalla meravigliosa fragilità di una storia che pare rinascere dalla pancia del teatro. Fra luci e ombre, rose e partiture lanciate dal coro affacciato in galleria, si sono mossi i personaggi: Lidiia Fridman, soprano di appena ventitré anni, è stata la contessa Sylvia de Linarès, mentre Florian Sempey ha vestito i panni di Don Fernando D’Aragona, uomo egoista che pretende, pur non sposandola, di possederla. Accanto a lui il fedele Don Gaspar, interpretato da Roberto Lorenzi, e poi Konu Kim, nel ruolo dell'innamorato e ingenuo Leone de Casaldi, e ancora Federico Benetti a dar voce e corpo al Monaco, mandato dalla Santa Sede per indagare sulla relazione scandalosa tra il Re e la sua “favorita”.

 

L’Orchestra Donizetti Opera è stata diretta da Jean-Luc Tingaud, il Coro Donizetti Opera da Fabio Tartari, mentre le scene sono state affidate ad Angelo Sala e i costumi a Margherita Baldoni. A realizzare l’intero incantesimo, questo “sogno di due notti di mezzo autunno”, però, è stato Francesco Micheli, il direttore artistico del Donizetti Opera Festival, che ha saputo cogliere l’occasione: un’opera inedita (in forma solo di concerto si era potuta ascoltare a Londra, al Covent Garden, il 18 luglio 2018), in un luogo e in un tempo inediti. 

Verso un teatro rinnovato 

Questo perché il restauro del teatro, iniziato a febbraio del 2018 e che dovrebbe concludersi nell’estate del 2020, dopo «L’ange di Nisida» ripartirà. Il progetto è ingente: previsti una nuova impiantistica e diversi interventi funzionali, fra i quali spiccano la sistemazione della sala teatrale, del sistema degli ingressi e del foyer, il rinnovo delle facciate esterne, la realizzazione di sale di prova, di un bar e di un bookshop, oltre ad ascensori e rampe per i disabili e all’impianto di condizionamento. In programma anche il completo ripristino degli arredi, comprese tutte le sedute fisse della sala e i mobili dei palchi.

I lavori, che prevedono un costo complessivo di 18 milioni di euro (garantiti da enti pubblici e da un significativo apporto di privati), trasformeranno il teatro - negli intenti della Fondazione nata con l’obiettivo di valorizzare le attività del Donizetti e di avviare e coordinare tutte le operazioni di recupero - «in una vera e propria casa della cultura da vivere tutto l’anno. Un luogo vivo e sempre aperto, uno spazio unico, di incontro e di socializzazione, un luogo veramente pubblico, prestigioso e insieme familiare». E se «L’ange de Nisida» è stata la prova generale, le premesse per realizzare il sogno ci sono tutte.

Michela Offredi

 

Ph. Credit: Gianfranco Rota

Dicembre 2019

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