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Lo spreco alimentare costa 15 miliardi di euro all'anno

Lo spreco alimentare costa 15 miliardi di euro all'anno

In Italia ogni anno 36 kg di cibo pro capite finiscono nella spazzatura. Ma nascono app e siti per contrastare lo spreco e limitare i danni 

Siamo un paese che spreca cibo. A sottolinearlo – e a ricordare l'impatto economico, sociale e ambientale di questo atteggiamento – non è la retorica della catastrofe tanto abusata di questi tempi, ma i dati dell'Osservatorio Waste Watcher (Last Minute Market / Swg), diffusi alla FAO: ogni anno ciascuno di noi butta nel cestino 250 euro di cibo, che equivalgono nel complesso a 15,5 miliardi di euro annui. In altre parole lo 0,95% del Pil. Sono numeri drammatici, che raccontano una storia che va a toccare tanto il singolo cittadino quanto l'intera filiera alimentare. E proprio per questo la Commissione Europea entro il 2023 dovrà valutare la possibilità di ridurre del 50% lo spreco alimentare per il 2050: un obiettivo difficile, forse, ma necessario. 

Spazzatura, mancate produzioni, perdite edibili: i dati dello spreco

Ma cosa si intende per spreco alimentare? In un sistema alimentare lo spreco è la parte di produzione che eccede i fabbisogni nutrizionali o le capacità ecologiche, ma non solo: il concetto include anche le “mancate produzioni”, le perdite edibili pre raccolto, l’uso di prodotti edibili per l’alimentazione animale e fini non alimentari, la sovralimentazione umana (ossia la differenza tra la quantità di cibo che una persona consuma e quella di cui avrebbe realmente bisogno) e le perdite qualitative nutrizionali. Non solo lo spreco domestico, dunque, ma quello che tocca l’intera catena alimentare, dalla produzione al consumo finale. 

Eppure, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, lo spreco maggiore avviene proprio tra le pareti domestiche: nel 54% dei casi, secondo lo studio dell'Osservatorio Waste Watcher (Last Minute Market / Swg). Andando nel dettaglio, sarebbero 36 i chili pro capite di cibo che finirebbero nella nostra spazzatura, con conseguenze non solo economiche (36 kg equivalgono a 15 miliardi di euro all’anno, lo 0,95% del Pil), ma anche ambientali (il cibo non consumato corrisponde a 24,5 milioni di tonnellate di anidride carbonica, dati Coldiretti) e sociali (se pensiamo che 1 persona su 9 nel mondo soffre di fame e denutrizione). Un problema che, comunque, non riguarda soltanto l'Italia. Sempre secondo l'Osservatorio Waste Watcher (Last Minute Market / Swg), infatti, a livello mondiale un prodotto su tre viene perso o sprecato lungo la filiera alimentare: 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, con cui si sfamerebbero ben quattro volte le 821 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo.

Eppure in Italia, negli ultimi cinque anni, qualche piccolo miglioramento c’è stato, grazie anche alla Legge 166/2016 che ha dato disposizioni per la donazione e distribuzione di prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi. Dopo un anno dalla sua attuazione, c’è stato un aumento del 20% del recupero delle eccedenze da parte della Grande Distribuzione Organizzata. E se nel 2014 un italiano su due gettava cibo quasi ogni giorno, secondo gli ultimi dati della campagna Spreco Zero di Last Minute Market (raccolti con il progetto Reduce e i “Diari di famiglia”), nel 2018 il 63% degli intervistati ha dichiarato di gettare cibo una volta al mese, il 15% una volta ogni due settimane, il 13% una volta a settimana e solo l’1% quotidianamente. Gli sprechi riguardano in particolar modo tre categorie: al primo posto la verdura (24,9%), latte e latticini (17,6%) e infine la frutta (15,6%). Nel 45% dei casi, lo spreco è dovuto a non aver consumato il prodotto in tempo perché scaduto o avariato. 

Le app amiche dell’ambiente e del portafoglio

Le soluzioni per raggiungere risultati migliori negli anni a venire non mancano. In primo luogo, bisognerebbe introdurre nelle scuole delle ore dedicate all’educazione alimentare, per insegnare alle nuove generazioni a rispettare l’ambiente e renderli consumatori più consapevoli, senza dimenticare di dare il buon esempio. Bastano pochi accorgimenti: pianificare il menù settimanale, cercando di preparare ricette con gli alimenti che sono già presenti nella nostra dispensa; fare la spesa seguendo la lista delle cose che mancano, senza lasciarsi tentare dalle offerte, e chiedendosi se si riuscirà a consumare prima della scadenza ciò che si sta comprando; controllare bene le scadenze; sistemare gli acquisti negli armadietti in modo che i prodotti più vecchi siano davanti e quindi possano essere consumati prima; congelare il pane e i piatti avanzati; utilizzare i residui di frutta e verdura come concime per le proprie piante e fiori. Piccoli accorgimenti capaci di fare la differenza.

Anche la tecnologia aiuta nel ridurre gli sprechi alimentari, strizzando spesso l’occhio anche al portafoglio. Che siano siti internet o applicazioni utilizzabili dal cellulare, basta un click per partecipare a questo sistema di economia circolare e migliorare le proprie abitudini alimentari. Ce n’è per tutti i gusti: dalle app che mettono in contatto produttori e clienti, riducendo l’invenduto, a quelle che segnalano prodotti in scadenza nei supermercati più vicini, fino a quelle che avvicinano semplici cittadini che vogliono svuotare il loro frigorifero o che tengono d’occhio gli alimenti che abbiamo nella dispensa. Tra le app che riducono l’invenduto, ci sono “To good to go”, “Spesa in tempo” e “Myfoody”. La prima permette di scegliere le “magic box” disponibili nelle vicinanze: si tratta di scatole che contengono cibo fresco che il giorno seguente non potrebbe più essere tra gli scaffali, e che quindi viene venduto ad un prezzo ribassato.

La seconda, “Spesa in tempo” permette ai negozianti di inserire i prodotti vicini alla scadenza a prezzo scontato, rendendo le offerte a portata di click. “Myfoody” raggruppa invece le segnalazioni dei supermercati che propongono a prezzi scontati prodotti vicini alla data di scadenza o con difetti nella confezione, evitando che a fine giornata finiscano nella spazzatura, oltre a consigliare ricette realizzate con gli avanzi, come il purè con la buccia di melanzana. C’è anche “Last minute Sotto casa”, che permette ai commercianti di fare sapere ai privati cosa mettono in vendita a prezzo scontato. 

Utilità e solidarietà 

Ci sono app che uniscono utilità e solidarietà, come “Bring the food” (che ha anche un sito internet), con cui si può donare il cibo che non consumiamo ad enti caritativi: si postano gli alimenti in questione e se c’è qualche gruppo interessato, si verrà ricontattati per accordarsi sulla consegna. A rete più ristretta, ma sempre basato sul concetto di solidarietà anche il sito “Avanzi Popolo 2.0”, tramite il quale ci si può scambiare cibo prossimo alla scadenza: se l’utente si rende conto di non riuscire a consumarlo in tempo, basta infatti scattare la foto del cibo scelto, pubblicarla sul sito e aspettare che gli interessati si facciano avanti.

Ci sono anche app che invece aiutano ad utilizzare al meglio gli alimenti che già abbiamo comprato, come “Ubo” (“Una Buona Occasione”), che avvisa della scadenza degli alimenti che abbiamo in casa, dando anche dei suggerimenti per utilizzarli al meglio, oppure “Eco dal frigo”, che suggerisce ricette facili e veloci inserendo gli ingredienti che abbiamo a disposizione. Con “Bring! Lista della spesa”, la spesa familiare sarà più semplice e si eviterà di comprare eccedenze, dato che ognuno saprà cosa c’è già in dispensa o cosa comprare. Infine “L’orto in tasca” permette di entrare in contatto con i produttori locali di frutta e verdura, per una spesa a km 0.

Giada Frana

Ottobre 2019

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