Dalla reazione alla riflessione, il passo è lungo
Eppure stiamo rovinando un’opera dal valore inestimabile
Facile indignarsi per un gesto radicale, seppur non violento, che ha portato a imbrattare in quasi tutti i casi solamente i vetri protettivi delle opere d’arte. Direi di più: è sicuramente comprensibile e condivisibile il risentimento spontaneo che sovviene alla vista di opere d’arte all’apparenza rovinate irreparabilmente. Che c’entrano questi emblemi universali di cultura e sensibilità artistica con l’emergenza climatica e ambientale del Pianeta?
Sembrerebbe poco o nulla. Ma se la reazione immediata è di sorpreso sconcerto per lo stridore di due ambiti apparentemente scollegati, la riflessione successiva dovrebbe essere meno semplicistica che concludere di non condividere i metodi. La reazione di gran parte dell’opinione pubblica era di certo prevista dai giovani attivisti di “ultima generazione”, i quali già dal nome dimostrano di avere chiara l’urgenza di fondo di una questione ambientale planetaria che, per quanto inesorabile, è troppo lenta nel suo esplicarsi per provocare reazioni concrete nelle politiche pubbliche o nello scardinare le abitudini della gente. Tutti siamo interessati solo a quello che ci tocca da vicino, qui e ora, tra un anno o due al massimo. Eppure tutti sappiamo che stiamo consumando più risorse di quanto la Terra sia in grado di rigenerare, provocando cambiamenti climatici e ambientali che mettono in serio rischio non solo la qualità di vita, ma la sopravvivenza stessa della specie umana. Siamo abituati ad un livello di benessere e di comodità che tutti fatichiamo a limitare, frutto di modalità di consumo di beni, di servizi e di energia, che pensiamo sempre disponibili. L’attuale crisi energetica è l’ennesima evidenza che il sistema non funziona in questo modo, tuttavia, un cambiamento serio dei nostri stili di vita o nelle politiche di decarbonizzazione dell’economia resta nei fatti improponibile.
Ci disturba il metodo?
Grandi manifestazioni e scioperi globali per il clima, già fatto.
L’avallo dei numeri, della scienza, e l’esortazione dell’intera comunità scientifica a intervenire, già fatto. Portare il tema ambiente e surriscaldamento terrestre nelle agende della politica nazionale e internazionale, già fatto.
Toccare con mano gli sconvolgimenti climatici con intensità e in zone mai colpite fino a pochi anni fa, già successo e succede continuamente.
Risultati: poco o nulla di efficace. Solo politiche troppo blande e timorose di intaccare lo status quo e un’opinione pubblica troppo seduta sul proprio comodo benessere per spingere un’arrendevole politica a un sussulto di azioni coraggiose.
Nemmeno di fronte a un’economia nuova, emergente, sostenibile e rispettosa degli equilibri del pianeta riusciamo a dare una svolta al nostro sistema, fossilizzato sulle fonti fossili: non si tratta di un passaggio anti-economico, bensì di evolvere a un altro modello di economia, circolare, meno consumistica ed estrattiva di risorse. Per garantire, e non diminuire, la qualità della vita e del benessere di tutti.
Ma queste cose le sappiamo.
La strategia degli attivisti, spesso giovani donne, che finiscono per essere quantomeno arrestate, non è improvvisata: ha obiettivi ben precisi persino nella scelta dei luoghi e dei temi delle opere e chiede alla sensibilità della cultura e dell’arte una leva su cui innescare una riflessione più profonda, sulla nostra società e sul nostro essere. In definitiva è il tentativo disperato e consapevole di tenere alta l’attenzione sul vero tema cruciale per la nostra contemporaneità, e sul nulla di fatto messo in campo finora.
I loro gesti possono essere ritenuti controproducenti, ma nel lungo periodo tengono accesa la causa, manifestando al mondo che così non è possibile continuare.
Quante opere d’arte dovranno essere imbrattate perché non sia più necessario scuotere le coscienze da un rassegnato comodo torpore?
Risposta non c’è, finché una maggioranza indignata non passerà dalla reazione istintiva ad una riflessione che vada oltre il semplice vetro di protezione.
Diego Moratti