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Che aria respiriamo? La parola agli studenti

La classe 3F del Liceo Amaldi di Alzano L.do analizza i dati ARPA Lombardia e Wise Air tra statistica, giornalismo e infografiche, con DessBg e infoSOStenibile

Il materiale particolato (PM) è una delle sfide principali legate all'inquinamento atmosferico tanto che, negli ultimi anni, si è vista una maggiore attenzione al suo monitoraggio da parte di enti privati e istituzionali.

Le studentesse e gli studenti iscritti al terzo anno del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate E. Amaldi di Alzano Lombardo hanno analizzato i dati dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) Lombardia, per fare luce sulla situazione attuale, anche grazie all'intervento di Paolo Longaretti, esperto di Legambiente.

Dall’analisi emerge un trend positivo per i livelli di PM10 che dal 2007 rispettano i limiti di legge, pur restandone pericolosamente vicino negli ultimi anni. Tuttavia, nonostante il trend osservato a livello lombardo sia positivo, i dati Ispra rivelano che la provincia di Bergamo non mostra un miglioramento sostanziale.

I valori elevati di PM difatti sono rimasti relativamente costanti nel tempo e sono solo i valori massimi che hanno mostrato una diminuzione, facendo scendere l’andamento medio. Inoltre, nonostante l'abbassamento complessivo del PM10, c’è da notare che il suo contenuto di PM2.5 è invece diventato preponderante, suggerendo un aumento proporzionale di questo sottoinsieme di particolato più fine e più pericoloso.

Le cause del PM10…

Analizzando gli stessi dati forniti dall’ARPA, emerge un quadro complesso in cui convergono fattori industriali, traffico veicolare e peculiarità geografiche. Il PM10 risulta prodotto per circa il 53% da un singolo settore: la combustione non industriale causata dal frequente utilizzo di stufe a legna o a pellet e all’impiego di gasolio in ambito domestico. Queste attività richiedono interventi mirati, come l'incentivazione di tecnologie più pulite e l'adozione di normative ambientali rigorose, per migliorare la qualità dell'aria e la salute pubblica. Il secondo settore che contribuisce alla presenza del particolato nella bergamasca è il trasporto su strada, in particolare quello che coinvolge i veicoli diesel e benzina, spesso privi di tecnologie di riduzione delle emissioni, che scaricano una miscela tossica di particelle nell'aria, alimentando il problema del PM10 per il 16,55%. Infine, parte del particolato ha un’origine diversa dalla matrice umana, poiché si forma attraverso reazioni chimiche causate della combinazione di alcuni gas presenti in natura.

L'adozione di veicoli a zero emissioni, la promozione di mezzi pubblici efficienti e la creazione di zone a traffico limitato sono alcune delle soluzioni che si potrebbero impiegare per ridurre l'impatto sull'inquinamento atmosferico.

…e le sue conseguenze sulla salute

È ormai risaputo che le polveri che compongono il PM10 siano dannose per la salute, ma quali sono i reali rischi? Le particelle con un diametro inferiore a due micron e mezzo (PM2.5 e PM1), hanno la capacità di penetrare profondamente nel tessuto polmonare, fino agli alveoli. In base alla loro composizione chimica, reagiscono in modo differente con l’organismo, contribuendo allo sviluppo di malattie cardiache e del cancro. Anche il particolato con dimensioni tra 2.5 e 10 micron, se respirato per un tempo prolungato può provocare danni alla nostra salute. Il PM10, nella componente di dimensioni maggiori, viene però più facilmente respinto da mucose nasali, bronchi e gola.

Purtroppo dobbiamo constatare che, sebbene il PM10 comprenda anche il PM2.5, quest'ultimo ha mostrato un aumento significativo, suggerendo la necessità di una maggiore attenzione su questo sottoinsieme più dannoso. Per ridurre l'esposizione a tali pericoli, è necessario agire sia a livello individuale che collettivo, implementando le politiche pubbliche con azioni mirate e sensibilizzando l'opinione pubblica.

In sintesi, sebbene si sia registrato un progresso nel monitoraggio e controllo del PM10, l'aumento dei livelli di PM2.5 e la mancanza di miglioramento a livello locale indicano che la strada per raggiungere livelli ottimali di risoluzione dell’inquinamento atmosferico rimane lunga e richiede un impegno continuo da parte di tutti gli attori coinvolti.

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PM10 – PM2.5 – PM1. Di cosa stiamo parlando?

Per materiale particolato aerodisperso si intende l'insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide di varie composizioni, distinte in PM10, PM2.5 e PM1, in base alle loro dimensioni. Questi indicatori possono essere composti da polveri, pollini, residui di combustione, sostanze chimiche e altri inquinanti, sia primari che secondari.

Il PM10 si riferisce alle particelle con un diametro uguale o inferiore a 10 micrometri (un granello di sabbia con un diametro di 1 millimetro è 100 volte più grande). Nell’insieme dei PM10 sono pertanto inclusi anche i PM2.5 e PM1, che hanno rispettivamente un diametro 400 volte e 1000 volte più piccolo di un granello di sabbia. Le loro dimensioni dovrebbero costituire un campanello d’allarme sulla facilità con la quale queste polveri possono essere trasportate nell'aria e respirate dalle persone, causando malattie respiratorie e cardiovascolari. Misurare il PM10 e il PM2.5 è fondamentale per comprendere l'inquinamento atmosferico e adottare misure per proteggere la salute pubblica.

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In vacanza contro l’inquinamento

Le temperature salgono e il frenetico momento della preparazione delle valigie si avvicina. Oltre a guardare come sempre il traffico e il meteo, in noi è emerso un certo interesse nello scoprire se l’inquinamento atmosferico causato dal particolato dipende dalla temperatura nelle stagioni estive e invernali. Abbiamo pertanto analizzato alcuni dati forniti da Wise Air, una start-up italiana che ha posizionato dei rilevatori d’aria, tramite i quali si è potuto misurare per un anno la quantità di particolato presente nei campioni d’aria prelevati da due centraline di Nembro (Bg), sfruttando i dati di campionamento orario dell’aria.

Considerando l'andamento del particolato sospeso, sia durante i mesi invernali che in quelli estivi, e ponendoli a confronto, emerge chiaramente quanto le persone siano esposte maggiormente al particolato durante l’inverno piuttosto che d’estate. I livelli di concentrazione di particolato superano di parecchio il limite ammesso dall’OMS di una media giornaliera di massimo 15 µg/m³ e una media annua di massimo 5 µg/m³, con picchi di esposizione superiori al 75% in alcune zone della bergamasca.

Analizzando le centraline in maniera più approfondita abbiamo anche scoperto che non esiste una differenza solo tra le stagioni, ma anche tra le ore del giorno: le ore notturne e quelle mattutine costituiscono i momenti di maggiore concentrazione dei picchi di particolato con un numero di episodi di superamento del limite pari al 60% sul totale della giornata.

Se vogliamo uscire a fare una corsetta tonificante, di conseguenza, la sera risulta il momento migliore e non la mattina, contrariamente a come si possa pensare. E se vogliamo andare in vacanza per fuggire dall’inquinamento della nostra pianura padana, è decisamente meglio fare le valigie d’inverno.

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Maggio 2024

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