I dati del Living Planet Report sono inquietanti. In un anno consumiamo nel mondo le risorse di un pianeta e mezzo
In base alle ultime diagnosi disponibili sullo stato del pianeta, si ha la conferma della necessità di un cambiamento (netto e urgente) di rotta. I dati forniti dall’ultimo Living Planet Report risultano inquietanti. Per una volta, conviene iniziare dalla fine, ovvero dalle azioni necessarie, secondo il rapporto, a riportare l’impronta umana dentro i confini ecologici del pianeta.
La sostenibilità in cinque mosse
Cinque le mosse da fare, per gestire e condividere equamente e sostenibilmente il capitale naturale:
1. Preservare il capitale naturale: proteggere e ripristinare i processi ecologici fondamentali, fermare la perdita di habitat naturali, espandere significativamente la rete mondiale di aree protette per preservare la pluralità di specie e habitat della Terra per il suo valore intrinseco, oltre che per l’importanza dei servizi che gli ecosistemi forniscono all’umanità.
2. Produrre meglio: ridurre l’input di materiali e di risorse idriche, territorio, energia e altre risorse naturali e diminuire i rifiuti, incrementare sensibilmente la produzione di energia da fonti rinnovabili.
3. Consumare in maniera saggia: sviluppare stili di vita con una bassa impronta ecologica, cambiare i modelli di consumo energetico e promuovere modelli di consumo sano, con l’obiettivo primario di ridurre l’impronta ecologica -e in particolare quella del carbonio- delle popolazioni ad alto reddito.
4. Riorientare i flussi finanziari: reindirizzare i flussi finanziari a supporto della conservazione e di una gestione sostenibile degli ecosistemi, contabilizzare i costi sociali e ambientali, premiare e finanziare l’innovazione, la conservazione del capitale naturale, la gestione sostenibile delle risorse.
5. Gestire equamente le risorse: condividere le risorse disponibili, prendere decisioni eque e ecologicamente informate, cambiare le definizioni di benessere e successo, che dovranno includere la salute personale, sociale e ambientale e superare il criterio del PIL come indice di riferimento.
L’Indice del Pianeta vivente
Vediamo, allora, i dati in base ai quali il rapporto prospetta il possibile “default” del pianeta. Un quadro, purtroppo, che viene considerato poco oggetto di attenzione da parte dei mass media e di apprensione da parte di governanti e opinione pubblica.
L’indice usato dal rapporto è il Living Planet Index, che si basa sullo studio di 9.000 popolazioni di specie di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci di oltre 2.600 specie). Ebbene, questo indice segnala una riduzione globale di biodiversità di ben il 30%, dal 1970, con punte superiori al 60% nelle zone tropicali. I cinque principali fattori di pressione diretta sulla biodiversità e gli ecosistemi sono:
1. Perdita, alterazione e frammentazione degli habitat: agricoltura, acquacoltura, industria e urbanizzazione sono le maggiori cause di perdita di suolo naturale.
2. Sovrasfruttamento di specie selvatiche: animali e piante subiscono uno sfruttamento a scopi alimentari, medicinali o come materie prime a tassi superiori alla loro capacità di riproduzione.
3. Inquinamento: uso di pesticidi e fertilizzanti, scarichi industriali e urbani, attività minerarie distruggono l’ambiente.
4. Cambiamento climatico: combustibili fossili, deforestazione e processi industriali fanno cresce il livello di gas con effetto serra presenti nell’atmosfera.
5. Specie invasive: sono le cosiddette “specie aliene” che l’azione umana trasporta deliberatamente o inavvertitamente da una parte all’altra del globo, introducendo negli habitat delle specie locali dei predatori, dei competitori o dei parassiti che prima non c’erano.
Per concludere, si può affermare che le diagnosi e anche le cure proposte non mancano.
Ciò che serve aumentare è la coerenza e l’efficacia delle politiche, aumentando anche la pressione da parte di noi cittadini.